Una fedeltà senza fede?
Una fedeltà senza fede?
È verificabile che ciò che ci si aspetta dallo psicanalista è una fedeltà alla propria disciplina nonostante essa non gli presenti alcuna istanza capace di favorirla. Nemmeno un risultato pratico giacché guarigione o fallimento possono essere resti indipendenti da tale istanza. Certo, per tenere, la cosa più abituale è quella di poggiarsi su colui che è stato il proprio analista, sul suo modo di fare o sui suoi testi, ma non meno frequente è quella di sconfessarli, di passare a uno qualunque dei nemici dell’ex-amato, e perfino a una pratica totalmente differente. Dirla a questo modo significa riassumere la storia del movimento attorno a Freud e, più vicino a noi, attorno a Lacan.
Così da parte mia avrei visto tutto, come uno stormo di passeri, alla ricerca di un posatoio più sicuro, si disperde atterrito nel provare una sensazione di solitudine e la responsabilità dell’incertezza. Ricordo quell’uomo eminente, gesuita di formazione (vale a dire ben equipaggiato, rigoroso nella cura come nell’apprendimento), passato all’aptonomia. Si dirà, senza sbagliare che si tratta di un problema individuale, salvo che la sua moltiplicazione in forme diverse lascia pensare che la delusione amorosa può essere alienante nei propri effetti al pari del fatto nevrotico all’origine.
Lo stesso Lacan non sembra dopo tutto passare, gli ultimi seminari, a borbottare contro una faccenda da cui non riesce a liberarsi, a parte il fatto che i risultati pratici sembrano mancare all’appuntamento? “Ciò che è stato istituito con la parola, deve potersi demolire con la parola”, afferma. È così sicuro o avremmo a che fare con una fissazione la cui malformazione è diventata la guardiana della vita stessa? Rozza forse, ma in ogni caso pur sempre distorta,[1] vale a dire salva.
Dico tutto ciò sicuro dell’approvazione intellettuale della nostra associazione, senza tema di sconvolgerla.
[1] Gioco di parole intraducibile fra “maltordue” (rozza) e “tordue” (distorta).
Traduction faite par Janja Jerkov