Medicastri e marginali
Medicastri e marginali
Un tempo la questione che ci si poneva era quella di sapere quale fosse, per diventare psicanalista, la formazione meno peggiore: medica o filosofica?
Quella medica era giudicata fallace perché sostituisce l’osservazione all’ascolto e soprattutto perché positivizza il fallo scambiato per guardiano della vita, anziché (una volta negativizzato) del desiderio.
La filosofia si smarriva perché è guidata dal senso (quello “buono”), e trascura troppo il non senso, fondatore della nostra umanità.
Quanto al medico umanista, capace di riconoscere il primato del significante sul segno, è sparito da un pezzo.
Restava il linguista, ginevrino o americano, che quasi mai si è dato la pena (come Jakobson), di citare Lacan o di avviare una discussione pubblica.
Allora che cosa resta? Se non la deformazione operata sul nevrotico dai suoi piccoli guai – deformazione che potrebbe portare lontano se la nevrosi per l’appunto non lo impedisse. Ciò che definisce il nevrotico è la sua soggettività infelice: il padrone impedisce il povero caro di desiderare come vorrebbe. Alibi per viversi come il magnifico Uno che avrebbe potuto essere se l’Uno al potere non imbrigliasse un potenziale destinato a non veder mai la luce.
La formazione psicanalitica è sempre stata, come quella della Chiesa, grande fornitrice di marginali. Modalità di privilegiare l’ana(le) sulla lisi, cesura mediocre e facile da porsi, il che non le impedisce di essere vera.
Ch. Melman
10.04.2019
Traduction en italien par Janja Jerkov