Supernormalità
12 septembre 2013

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MELMAN Charles
Billets



Supernormalità

 Siamo passati dal regime del padre, rompiscatole, a quello del superman, molto più divertente. Il che non vuol dire che il padre sia stato seppellito.

Anzi: è sempre vivo fra noi, ma messo al palo mentre sotto i suoi occhi sgranati, se non addirittura atterriti, si snodano le danze di trionfo di coloro che hanno sfidato le sue prescrizioni, per esempio in materia di sessualità.

Due tipi di danza, nello sfavillio delle zagharit.

La prima è la danza di coloro, oramai tutti simili, che hanno rinunciato al suo coso, a quell’appendice che ci separa ed è fonte di problemi per un nonnulla: tutti d’ora poi neutri e collettivamente occupati in compiti diversamente importanti: lo schermo, i giochi, la chat, gli incontri e anche la bottiglia, l’abbuffata, l’erba e altro ancora. L’umanità raccolta attorno a uno schermo – che d’altronde non lo è per davvero, lo vedremo -non ci fu mai mito che lo facesse presagire.

La seconda danza è quella di coloro che il coso paterno invece lo esibiscono per formare, per Dio,  gruppi finalmente armoniosi (visto che sono portatori della stessa marca – maschi da una parte, femmine dall’altra). E questo sesso che il pudore vorrebbe essere solamente evocato, ecco che invece ora è esibito, nudo e crudo, e che l’unione dei medesimi è sacramentalizzata, in una sorta di festa continua.

Con l’unico problema che la generazione seguente non capirà più nulla di tale musica, semplicemente perché non sarà più una generazione.  Affinché generazione  ci sia occorre, infatti, l’iscrizione di una referenza paterna. Il diniego non saprebbe trasmettere il proprio senso a una popolazione incapace da quel momento in poi  di fare festa, il che è ancora una volta alquanto seccante.

E dirò ciò che temo: un ritorno disperato e frenetico della tradizione, decisamente nessuna fortuna.

Charles Melman

(traduzione Janja Jerkov)