L’insegnamento del saperci fare
18 août 2016

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Luciana Maria TESTA
Journées d'études

Torino, sabato 14 maggio 2016

Il primo e l’ultimo

Luciana M. Testa


Dalla X^ lezione del Seminario “ Il momento di concludere”, Lacan sospende tutte le possibili operazioni che ha fatto sul toro e procede verso la ricerca di un nuovo oggetto topologico. Quello che, in quel momento, gli risulta essere il più utile a presentare, a rendere l’idea della stoffa di una psicoanalisi.

Mette a piatto quasi tutti gli oggetti topologici che nel corso del tempo ha utilizzato per dimostrare il loro rapporto di equivalenza attraverso il criterio della triplicità al fine di verificare che uno stesso oggetto, in questo caso la stoffa su cui opera la psicoanalisi, può avere differenti rappresentazioni.

Il punto di svolta in questa direzione lo troviamo quando, nella XI^ lezione, dice che il nodo realizzato sul toro va fatto raddoppiando il taglio perché un solo taglio non è sufficiente per fare un nodo. Il raddoppiamento del taglio che andiamo a fare sul toro o sulla camera d’aria, ritaglia quel supporto materiale, quella cosa che risponde alla nostra necessità di dare forma a quel qualcosa di primo, primo nel senso di originario che andiamo ad immaginare.

D’altro canto,incontriamo il tessuto solamente con un taglio, dice Lacan. E’ ben il Reale il tessuto, ed è ben il Reale ciò che è più difficile da immaginare.

Recuperato il tessuto, passo alla sartoria della banda di Slade.

Si tratta di una treccia borromea che si origina apparentemente da due chiusure piatte. Di fatto si origina da un supporto materiale che ha un inizio ed una fine, di cui è ininfluente la lunghezza.

Questa treccia può essere slacciata con delle torsioni elastiche e ciò che ne risulta è un pezzo di stoffa rettangolare attraversato da due fenditure interne che non raggiungono le due estremità del pezzo di stoffa stesso.

Facendo le torsioni all’inverso, cioè riallacciando le tre porzioni di banda divise dalle due fenditure secondo l’ordine della ricorsività delle tre possiamo ricostruire la banda di Slade intrecciata.

Questa equivalenza è difficile da immaginare, ma può essere verificata in modo preciso, dice Lacan. Ed io ho provato a fare materialmente questa verifica.

Segue con la dimostrazione

Nell’esercitarmi in questa verifica, ho sperimentato l’esistenza di almeno due vincoli:

il primo consiste nella possibilità di fare sei e soltanto sei incroci indipendentemente dalla lunghezza del tessuto. Il secondo consiste nel fatto che se si parte con l’incrociare la seconda banda sovrapponendola ad una delle altre due, cioè se parto dal due ad intrecciare dopo tre incroci è impossibile procedere nell’intrecciamento.

La verifica conferma che la treccia borromea è equivalente alla banda non intrecciata. E’ evidente anche in questo caso che l’equivalenza si fonda sul continuum del tessuto dei due oggetti che mantengono la triplicità.

Lacan dimostra ancora un’altra equivalenza con la messa a piatto della banda di Moebius normale ed nuovo oggetto apparentemente fatto da due triangoli che si ripiegano su di un terzo, che si piega su di un quarto triangolo.

Ovviamente, con la geometria piatta perdiamo la torsione della stoffa. Perciò, ci troviamo a dover fare come le sarte che quando non possono tagliare o torcere la stoffa su cui lavorano, la piegano.

Per cui, con un gioco di piegatura della stoffa otteniamo degli angoli adatti a delineare quattro superfici combacianti che liberate dalle piegature restituiscono la forma originaria rettangolare senza la torsione.

In questo modo, otteniamo un oggetto che rende l’idea di un intero attraversato da tre piegature.

Segue con la dimostrazione

Devo dire che queste verifiche mi hanno permesso di cogliere visivamente, facendone esperienza concreta, la differenza che passa tra il Reale come dimensione discorsiva e ciò che siamo abituati a chiamare il Reale, ossia il Reale della struttura, il reale della cosa. Dando corda alla mia immaginazione ho anche pensato, forse con un pensiero tanto ingenuo quanto semplice, che ci possano essere delle stoffe su cui si può operare per delineare con maggiore cura la piegatura, il plissè del linguaggio perché l’ordito della stoffa è rimasto così refrattario da non essere lavorabile con movimenti, con articolazioni più complesse.

Tutto ciò che c’entra con la psicoanalisi?

Credo che possa servire, a me è utile per cogliere la natura differente della stoffa della cosa su cui andiamo a lavorare. Ossia, a cogliere qualcosa rispetto al vero Impossibile del singolare di ciascuna stoffa.

Tutto ciò è utile, altresì, per ribadire che l’essenza della psicoanalisi riguarda la triplicità del rapporto dell’Immaginario, del Simbolico e del Reale. Quest’essenza segna la differenza della pratica psicoanalitica con la tecnica della psicologia, della linguistica, della filosofia, infine degli altri discorsi.

Questa è la ragione che porta Lacan a porre o a supporre nel transfert un soggetto supposto-sapere-leggere-altrimenti il vuoto tra la cosa ed il linguaggio.

Questi oggetti topologici risultano utili, a mio avviso, ad immaginare il Reale nei due versi: da un lato, nel senso che : “ c’è altra cosa che scrittura, dice Lacan nella III^ lezione, c’è la materia, c’è la materia che si spacca nel senso originario del termine…c’è il corpo…c’è il sapere che ci guida e l’inconscio è questo sapere che è il principio di piacere”. Dall’altro a leggerlo come la dimensione essenziale alla triplicità e ricorrente nella triplicità del discorso da intendere come quella parte del tessuto discorsivo in cui è inscritto il simbolo.

Questo che sto dicendo è ciò che intendo del nodo che troviamo a pag. 35 – IV^ lezione – del Seminario con la figura IV-2.

In questo nodo sono incatenati in modo borromeo i tre elementi che stavolta sono chiamati Simbolico, Sinthome e Simbolo-Reale-cosa.

Sto parlando della dimensione del discorso enunciato in cui ritorna la scrittura del Simbolo non simbolizzato espulso dal Simbolico come nel caso della Verneinung, simbolizzata come denegazione.

L’inconscio è questa “ face”, questa superficie del Reale in cui siamo impigliati, dice Lacan, ciò da cui siamo impediti a fare.

Se poi questa face del Reale la collochiamo nella terna delle coppie del Reale-fantasma, pulsione-inibizione, sapere-principio di piacere, abbiamo tanti elementi per avere ancora più chiaro che cosa sia l’Impossibile per un soggetto in analisi.

Impossibile che nel caso della denegazione è la negazione del possibile.

Concludo con un riferimento nella pratica.

Cercandolo nel Seminario “Gli scritti tecnici”, per la prima volta mi sono imbattuta nel commento del caso del paziente di E. Kris che Lacan fa dopo la relazione di M. Hyppolite sulla Verneinung. L’ho letto con una certa meraviglia perché è stata la mia prima lettura del testo stabilito dall’Associazione. In precedenza ho fatto riferimento al testo tradotto in italiano da G. Contri che risulta essere sostanzialmente e concettualmente molto differente.

Ho trovato che già in allora Lacan diceva che: “ La questione che è perpetuamente aperta per noi rispetto alla relazione dei livelli, che è insomma la questione del livello discorsivo…è la differenza di livello tra la possibilità simbolica…e dall’altra la sua cristallizzazione in quanto discorso organizzato che contiene essenzialmente e fondamentalmente la contraddizione” –pagina 117-.

Veniamo ora ad esaminare il commento di Lacan all’articolo pubblicato da E. Kris in cui illustra la sua teoria della tecnica sull’andamento della cura di un suo paziente, forse un accademico rispetto a cui E. Kris si trova in posizione di secondo analista.

Questo soggetto ha dei gravi problemi a pubblicare la produzione della sua attività intellettuale dal suo sintomo fobico – o inibizione,mi domando?- che si fonda sul sentimento colpevole di essere un plagiario.

Accanto a sé ha un brillante assistente con cui scambia incessantemente delle idee che sente sempre di volersene appropriare. Questo è il suo impedimento perpetuo.

Ad un certo momento riesce a debuttare con un suo testo.

Un giorno arriva alla sua seduta dichiarando in modo quasi trionfante che tutto ciò che ha pubblicato come tesi si trova in un articolo di un libricino della biblioteca in cui sono già scritte delle osservazioni essenziali.

Eccolo lì, plagiario malgrado lui!

In che consiste sostiene Lacan, l’interpretazione di superficie che ci propone E. Kris?

Consiste nell’interessarsi effettivamente à ciò che c’è scritto in questo libricino e riferendosi al testo si accorge che in effetti non c’è assolutamente niente che rappresenti l’essenziale dell’originalità delle tesi sostenute dal suo paziente.

Alcune questioni sono abbozzate, ma non le nuove ed originali apportate da lui. Con queste osservazioni lo va a rassicurare, dimostrandogli di non essere un plagiario.

E.Kris sostiene che questa è la tecnica di prendere le cose dalla superficie.

Lacan, invece, sostiene che se andiamo a considerare la significazione di ciò che viene portato da questo soggetto, partendo proprio dalla significazione E.Kris rovescia completamente la posizione di questo soggetto dicendogli che tutti i suoi bisogni sono manifestati nella sua condotta impedita, paradossale e dipendente da una certa relazione con suo padre. Suo padre che non è mai riuscito a pubblicare niente perché lui stesso era schiacciato dal suo di padre, il grande padre in tutti i sensi del termine. Questo grande padre di suo padre – il nonno – era un personaggio, uno scienziato molto costruttivo e fecondo.

E che insomma gli dice Kris che la sua condotta non è nient’altro che un bisogno di trovare in suo padre un grande padre, questa volta nell’altro senso del termine grande cioè capace di fare qualcosa. Questo suo bisogno verrebbe soddisfatto dal forgiarsi una sorta di tutori o di più grandi di lui alle cui dipendenze si troverebbe plagiario.

Essere un plagiario è ciò che si rimprovera e ciò con cui si distrugge la vita.

Incontestabilmente l’interpretazione, dice Lacan, è valida perché è importante vedere come il soggetto reagisce.

E. Kris considera come conferma di ciò che ha introdotto, il seguito verbalizzato dal suo paziente rispetto alla storia dei suoi giochi infantili, rispetto alla simbolizzazione di questo suo bisogno di padre reale creatore e potente.

Lacan, invece, legge la validità dell’interpretazione nella reazione immediata del soggetto: sta zitto. Un silenzio che non è di resistenza. Un silenzio che scandisce qualcosa della verità.

Alla seduta seguente, il paziente dice: “l’altro giorno uscito da qui, sono andato in una strada di New York dove ci sono dei ristoranti stranieri in cui si mangiano delle cose un po’ gustose ed ho cercato un posto in cui poter mangiare ciò di cui sono particolarmente ghiotto: delle cervella fresche.”

Ecco che, commenta Lacan, qui abbiamo la rappresentazione di ciò che significa la risposta. Ossia, il livello a volte paradossale e pieno nella sua significazione della parola, quando è evocata da un’interpretazione giusta.

Che sia giusta quest’interpretazione, in questo momento della cura, a che cosa è dovuto? E’ dovuto al fatto che E. Kris ha percepito, facendo il suo giro, che il soggetto si rivela in quella forma speciale che è la manifestazione intellettuale del discorso organizzato e soggetto al processo della denegazione. Ed il discorso soggetto alla denegazione diventa la forma del discorso dipendente dall’io-ideale.

E la relazione con l’altro, in cui tende a manifestarsi il suo desiderio primitivo, contiene l’elemento fondamentale della denegazione che prende la forma dell’inversione.

Ancor’oggi, credo si possa considerare valida questa interpretazione proprio a partire da ciò che viene a significare la risposta. La risposta, in questo caso viene a significare qualcosa della restituzione dei due godimenti. Ossia, il movimento passato dal piano immaginario al livello della logica dei significanti inconsci ha prodotto l’effetto di ridurre la portata del senso immaginario da cui questo soggetto era inibito: plagiario. Sollevandolo dalla barra della denegazione, gli è risultato possibile fare, pubblicare secondo il suo desiderio, ciò che prima gli era impossibile.

Dall’altro, l’effetto di senso reale, pieno cioè dell’implicazione del godimento pulsionale che altro non è che il godimento orale che il soggetto realizza gustando quella cosa, la sua cosa singolare di cui è particolarmente ghiotto, le cervella fresche.

Le cervella fresche, al di qua della cosa, è un significante che non per caso ha un’evidente coerenza, una significazione che rinvia alla significazione dei significanti maitre: intellettuale, scienziato, cervello, cervella,ecc.

Concludo con l’ipotesi che un’interpretazione valida produca un effetto rappresentabile così: ossia, con la banda con le due fenditure interne che mostra che i veri tagli sono tra la significazione, il significante e la cosa e con l’Impossibile al suo posto.