Dalla chiarezza, l’abbaglio. L’errore che vedo più frequentemente commettere
dagli operatori che agiscono nei servizi territoriali è quello che si
condensa nella pretesa di far chiarezza.
In nome della chiarezza, tutti nei servizi parlano di tutti, fra di loro e
nei corridoi, non importa se capita che dei presenti, ospiti o estranei, possano
sentire. Le porte sono tutte aperte, a nessuno è consentito disporre
del minimo angolo riservato per una psicoterapia.
Questa ricerca della chiarezza a ogni costo è traumatica. Porta sgomento
nelle famiglie, suscita nei pazienti sogni e deliri di tradimento e delazione.
Si parte dall’assunto che lo psicotico non ha bisogno di segretezza. E questo
è fondamentalmente sbagliato : l’essere esposto ai raggi di una luce
che lo attraversa nelle fibre più intime, rivelandone una sostanza che,
in ogni atomo, è della stessa stoffa di quella di chiunque altro, è
questo il fondo del dramma psicotico.
Un mio paziente psicotico sognò che il padre scendeva dalle montagne
con una schiera di elefanti. C’era un paesino che si trova al confine tra Trentino,
Alto-Adige e Lombardia. C’era un lungo vicolo stretto che sfociava in un ampio
locale. Qui erano appese teste di animali, maiali cavalli, capre. C’era carne
dappertutto. » Io dicevo a mio padre, come illuminato da un’idea : Siamo
tutti la stessa sostanza. E aggiungevo : Ma io ho l’intelligenza. Mio padre
diventava magro come nel periodo che precedette la sua morte e voleva uscire.
Io gli dicevo dietro : L’intelligenza, l’intelligenza « .
E’ in un luogo di confine, dove una linea marca una differenza, simbolizza
una barriera legale, anche se attraversabile, che l’intelligenza individuale
si afferma opacizzando, schermando, l’identità originaria delle forme
di vita nell’Uno da cui discendono.
Curiosamente Darwin servi a un amico : » Dire a qualcemo dei tutti
dimendino da un modessimo Uno è come commettere un omicidio « .
L’unicità di discendenza che imparenta uomini e animali è terribile
come la calata di un esercito conquistatore dalle Alpi.
L’impulso a fare chiarezza nella mente e nella vita dello psicotico appartiene
alla medesima sfera delle » voci » che ne dirigono il comportamento.
La voce impone » Diglielo ! Diglielo ! » e l’ordine della parola esce
dall’analisi per riempire gli spazi circostanti, le stanze e i corridoi.
L’istituzione non funziona più da contenimento ma muta lo spazio di
una rappresentazione con riferimenti stabili in un tumulto in cui la molteplicità
incontrollata e confusa sostituisce alla paranoia collegata alla questione dell’origine
la schizofrenia dei prodotti del godimento.
Come qualcuno forse ricorderà io sono solito considerare Inc e Es, più
che due termini riferiti allo stesso oggetto, come due inconsci. L’inc
o inconscio di parola deriva, come la memoria o la pittura di ritratto, dallo
spirito della vendetta. Nei lapsus, negli atti mancati come nei sogni di un
certo tipo, o nelle fantasie, l’inc è teso a prendere la mira, a restituire
qualcosa. L’inc ha la mira di un istinto. Tuttavia l’inc nell‘apparato
psichico cura la paranoia in uno spazio regolato da scansioni. L’angoscia che
ne è all’origine e che compare nel bambino all’età di quattro
anni, angoscia nel primo confronto alla sessualità paterna, si regola
ed argina nella prima rappresentazione esterna dell’apparato psichico che Virginia
Finzi Ghisi ha chiamato » luogo della fobia « .
L’es, o inconscio dei colori, deriva invece dalla cavalleria e dai tornei,
dalle armi assunte come segno di nobiltà. Queste compaiono nei sogni
in cui la composizione di strisce e animali sono i blasoni paterni. L’es, che
di colori e animali potrebbe esplodere, trova, come abbiamo visto per l’inc
nella rappresentazione esterna dell’apparato spichico, regolazione nella gradazione
che permette di riconoscere il valore della discendenza e dell’eredità
senza che il soggetto ne venga distrutto.
Ma perché i corridoi e le stanza della rappresentazione dell’inc si
sottraggano alla voce che vi riporta la paranoia o la dissociazione confusiva
di una fraternità insostenibile, l’es li deve animare diversamente dall’abbaglio
della chiarezza in cui l’intensità della luce non fa che avvicinare alla
e solare del padre : manipolano, inc e es, la stessa materia, la lunga scia
della corrente generativa, l’Inc mirando a un riconoscimento di paternità
con tutti i crismi delle testimonianze e della scienza, l’Es intendendo
invece opporre, a tutto il peso delle testimonianze, nuove specie di cose vere,
dei genitori altrove, l’opera della fantasia e del genio. Il luogo della fobia
si anima del romanza familiare e delle teorie sessuali infantili. E’ qui allora
che deve indirizzarsi la funzione dell’istituzione.
La pressione che fonde rivelazione del vero e procreazione demiurgica si allenta
nel ricorso alla supervisione psicoanalitica, un istituto che, se bene impostato,
permette di cogliere al piede della chiarezza traumatica del vero, l’ombra delle
idee.
Rosy, attualmente ospitata da una comunità terapeutica, racconta alla
sua terapeuta che vedo in supervisione il seguente sogno.
E’ dalla zia di Crescenzago e vede una gatta nera che si rompe in tanti pezzi,
ma questi pezzi sono vivi, sono come altri gatti vivi.
La terapeuta pensa che il sogno parli di lei, Rosy, e della sua frammentazione
schizofrenica.
Le faccio notare la crescita iscritta nella parola Crescenzago e che quello
che sorprende la sopriatrica è un processo di riproduzione per segmentazione.
La terapeuta mi dice che effettivamente una sorella di Rosy aspetta un bambino
e aggiunge che non sa perché le venga in mente un sogno precedente della
ragazza, anche se apparentemente non c’entra affatto.
Il racconto del sogno raccontato da Rosy : C’era dell’acqua e un’isola, sull’isola
si trovavano sua sorella con il marito. Quest’isola era collocata presso l’ospedale
Fatebenefratelli che era tutto aperto, come se non fosse ben definito l’interno
e l’esterno. Anche lei (che aveva subito da poco un breve ricovero) era nella
stessa condizione indeterminata, né dentro né fuori.
La terapeuta mette l’accento sulla situazione confusiva della paziente. Frammentazione,
tendenza confusiva, nozioni ben note si presentano alla mente quasi a non permettere
di » pensare la psicosi « .
Perché in realtà di cosa si tratta invece ? In realtà
il sogno vuole mettere in salvo la coppia di sposi nel mare agitato della generazione,
e illustra in modo molto efficace la prossimità di psicosi e procreazione.
La minaccia che avvolge l’isola e l’ospedale è una sola e sembra in un
certo senso resa più temibile dall’indifferenziazione di interno ed esterno.
Alla luce di questo sogno anche l’altro mostra l’intento difensivo, riparativo
: viene resa possibile una forma di riproduzione per scissione, tale insomma
da permettere di escludere la necessità del coito.
Anche qui il malessere non appartiene tanto alla persona (la sua frammentazione,
la sua confusione) ma ai suoi spazi.
La descrizione della mappa dell’ospedale viene prima della collocazione
della sognatrice come soggetto. E dal nome di un preciso luogo geografico, Crescenzago,
si desume la natura della sua angoscia.
Questa piccola cronaca di una seduta di controllo ci permette di renderci conto
di che cosa possa voler dire : ripensare la psicosi. In un certo senso la supervisione,
duplicando e spostando altrove il dialogo analitico, riattualizza quel luogo
della rappresentazione da cui prende storicamente le mosse, par ogni soggetto,
una possibilità di pensare e ripensare.
Questo luogo è quello che abbiamo chiamato in questi anni » luogo
della fobia » definendolo come » la prima rappresentazione esterna
dell’apparato psichico « .
I sogni di Rosy ne danno le coordinate e le prerogative : è un luogo
di rappresentazione e nei sogni si ripresenta nella forma di una mappa che tratteggia
una barriera » molle « , cioè più o meno consolidata
e permeabile, tra due posti confinanti, contigui, come la loggetta del caso
freudiano del piccolo Hans e la pesa del dazio. Vi si fa questione di fusis
e di nomos, di natura e di legge, di cavalli imbizzarriti e di dogana, appunto.
La natura vi fa parte per il tentativo di istituire una ferma distinzione tra
l’animato e l’inanimato, il vivente e il morto. Distinzione importantissima
dato che le sue vacillazioni introducono al mondo delle psicosi dove l’animazione
dell’inanimato riguarda il rapporto alla dispersione del seme paterno (mare,
polvere, vetri, luce). La legge vi compare in una dimensione, parcellare e limitata,
come tassa, imposta proporzionata al peso e regolatrice di un passaggio di confine.
Entrambe, natura e legge, possono essere utilizzate dalla scena della perversione
che erotizza le qualità primarie, tra cui appunto il peso, che inanima
il vivente e che si appella alla Legge non come tassa ma come giustizia, in
vista della quale protestare un sopruso di cui la falsità stravolge la
funzione teorica dell’invenzione, per esempio del romanzo familiare, o delle
teorie sessuali infantili, nella simulazione della verità. Il perverso
parassita le caratteristiche del luogo della fobia.
Rispetto a questo » luogo « , il luogo mancato del sogno di Rosy,
la psicosi non è uno stato di alterazione, una forma di malattia, una
anomalia che subentra a un certo punto nella vita di una persona.
La psicosi è un antecedente universale, la condizione che precede la
definizione stessa di un soggetto in quanto tale. A proposito di questa condizione
abbiamo parlato di » fondamento psicotico della nevrosi « .
Rispetto al luogo della fobia, che abbiamo centrato all’età di quattro
anni, e che consiste nella delimitazione di uno spazio da cui guardare al tumulto
di movimenti disordinati che rimangono però all’esterno, la psicosi è
propriamente l’attribuzione di questo tumulto al godimento amoroso del padre.
Il mare agitato del sogno di Rosy è ancora il mare spermatico degli antichi.
Il luogo della fobia prende forma come una barriera per arginare la montata
dell’angoscia del bambino di fronte alla sessualità degli adulti.
Nella definizione che ne abbiamo dato lo psicotico discende dal godimento del
padre. La madre dello psicotico è essenzialmente vergine o riverginabile
grazie al suo stesso amore incestuoso : dal suo canto la procreazione non è
qualcosa di già avvenuto, è qualcosa che dovrà avvenire
senza il concorso del seme paterno. Un mio paziente psicotico sognò di
strappare dal ventre della madre il cordone ombelicale che ancora lo teneva
legato e questo col risultato di potersi finalmente congiungere sessualmente
con lei. E’ la versione psicotica dell’Immacolata Concezione. L’istanza di una
interruzione della catena delle generazioni serve allo scopo cui tende principalmente
il delirio psicotico : raggiungere l’auto-creazione, l’auto-generazione.
La ricerca dell’auto-generazione – un fine perseguito con un accanimento quasi
mistico nella consacrazione per esempio a frequentissimi atti di masturbazione
– è il sogno che contrasta con la realtà cui lo psicotico è
ininterrottamente messo a confronto : il godimento del padre. Il godimento del
padre nella versione che oppone il paranoico alle espressioni caricate del »
padre che gode » e in quella che produce nello schizofrenico l’identificazione
con la materia stessa, il seme sparso ovunque, di questo godimento.
Del padre primordiale, Leone Ebreo ci dice che è un dio terribile, »
Demogorgone « , produttore di tutte le cose, e che ha » fatto
dei figlioli per uno strano modo « di » generazione con mano
« . Giordano Bruno racconta invece il mito di Giasone che gettò
nella terra dei denti facendone così uscire dei mostruosi » gigantoni
« .
A questa concezione sembra rifarsi un altro sogno dello stesso paziente del
padre che scende come Annibale dalle montagne : » Stringevo le mascelle
e mi disintegravo i due denti principali davanti : si sfarinavano. Questo dava
soddisfazione a mio fratello, si traduceva in una questione di soldi che doveva
darmi per sostituire i denti veri con denti falsi « .
Questo bellissimo sogno tratteggia la natura della malattia e la direzione
della sua cura. Il motivo dei denti non rimanda, come communemente si crede,
all’angoscia di castrazione, ma al contrario al traumatismo dell’orgasmo generatore.
Lo sfarinarsi dei denti mima una eiaculazione distruttiva, l’eiaculazione che
sopraggiunge come sottoprodotto di una crescita mostruosa (Crescenzago !) quando
il bambino dopo aver perso i suoi denti da latte si trova provvisto di
grossi denti non più suoi nel momento stesso in cui si trasforma, con
l’adolescenza, in un goffo gigantone. Dedicandosi a sua volta, con la masturbazione,
a una generazione con mano egli tenta di impadronirsi del processo stesso che
lo ha gettato nel mondo adulto.
La doppia sostituzione della questione dei denti in una questione di soldi
e dei denti veri in denti falsi delinea, dicevo, la direzione di una cura. L’evento
del sogno dà soddisfazione al fratello, ma il fratello è nella
realtà chi sostiene il costo della cura analitica. La posta in gioco
è indicata in qualcosa che sembra a prima vista condannabile : rimpiazzare
il vero con il falso. Ma in questa forma è indicata, con una pertinenza
davvero magistrale, la modalità in cui può compiersi una cura.
Attraverso uno stile di vita severo e rigoroso vicino alla santità, lo
psicotico conquista nel tempo una austera forma di nobiltà non di
sangue, il che lo emancipa dalla paternità naturale e gli permette
di recuperare teorie sessuali dei bambini e romanzo familiare dalle forme grottesche
in cui il continuo confronto col padre le riduceva.
Le teorie sessuali – il pene anche nella donna, nascita dall’ano, intrecci
di membra lottanti al posto del coito – sono rigogliose nella psicosi, ma poste,
come nelle grottesche antiche, a reggere solo illusoriamente la costruzione
dell’apparato psichico. La cura toglie le teorie dalle grottesche e le restituisce
alla funzione di ragioni latenti della salute psichica.
Il luogo della fobia è un passaggio obbligato. Se questo luogo »
accade » nella vita del soggetto intorno all’età dei quattro anni
quando il primo maturare della sua sessualità si trova già messo
a confronto con la sessualità in esercizio del padre, alora si rende
possibile la scelta di una nevrosi, con la demarcazione rispetto alla perversione.
Qualora invece la messa in campo di questo complesso apparecchio venga per
qualche ragione mancata allora la psicosi resta la situazione del soggetto.
Prima conseguenza ne sarà la sottrazione dell’opportunità dilazionatrice
della latenza (la sua mente cancellerà anche il ricordo di un’età
ancora negata all’emissione dello sperma).
All’approssimarsi del secondo culmine della sessualità, intorno ai 14
anni, o più avanti al ripercuotersi dell’imperativo genitale sulla mente
di un soggetto cui la strumentazione del luogo della fobia non ha fornito a
suo tempo lo » spazio per pensare » che solo resiste alla pressione
generativa, a questa scadenza schizofrenia, paranoia, melancolia possono installarsi.
Dicevo che il luogo della fobia è un passaggio obbligatto. L’esigenza
di un bordo, un margine di contenimento contro il montare dell’onda riproduttiva
che fece agghiacciare il sangue a Charles Darwin, questa esigenza è soddisfatta
dal contenimento fisico o chimico delle cure psichiatriche oppure può
cercare nel luogo di un’analisi il corrispettivo del mancato ruolo del luogo
della fobia come prima rappresentazione esterna dell’apparato psichico.
In questa sede lo psicoanalista supervisore farà funzione di gestore
della tecnica, di quel qualcuno cioè che nel luogo della fobia, idraulico
o fabbro, ha il potere di interporsi tra il bambino e il godimento del padre,
preservando, sia pure al costo di un certo grado di inibizione, il valore della
credenza nella teoria e nell’inconscio.